A cura di Sara Zonca

Quante volte, svegliandovi la mattina e vedendo un cielo grigio, vi siete sentiti fiacchi, poco riposati e anche particolarmente tristi? Quante volte avete pensato che una giornata soleggiata vi avrebbe fatto sentire meglio? E quante volte vi siete definiti “meteoropatici”, specie nella stagione invernale?

Nel 2019, un italiano su tre (31%) ha dichiarato di aver notato un peggioramento del proprio stato psicologico (ansia, insonnia, nervosismo o apatia, peggioramento dell’umore) in corrispondenza di un cambiamento meteorologico (fonte YouGov).

E ancora: quante volte, la domenica, il vostro umore si è incupito al pensiero di dover ricominciare nuovamente una settimana lavorativa? Quante volte, svegliandovi presto di lunedì, vi è sembrato che il weekend fosse infinitamente lontano e inarrivabile?

Questo tipo di esperienza iene riconosciuta come “sindrome del lunedì mattina”, una sensazione di malessere diffuso che non ci permette di dare inizio alla settimana nel migliore dei modi.

E se fosse un lunedì particolarmente grigio e freddo che ci riporta alla realtà dopo un periodo di vacanze? Sarebbe il Blue Monday.

In inglese, la parola “blue”, oltre ad indicare il colore, è traducibile anche con gli aggettivi “triste”, “cupo”, “depresso”. Secondo una convenzione ormai diffusa, questa giornata corrisponde al terzo lunedì del mese di gennaio e viene indicata come “il giorno più triste dell’anno”.

È Sky Travel, che nel 2005, individua questa precisa data tramite un “equazione” che prenderebbe in considerazione variabili quali meteo, debiti monetari, livelli di motivazione e giorni trascorsi dal Natale. Chiaramente, essendo il tempo atmosferico, in questo periodo, sfavorevole solo nell’emisfero settentrionale, l’equazione si applicherebbe solamente a questa fetta del mondo.

Capiamo bene che si tratta di conclusioni pseudoscientifiche che attribuiscono al giorno più triste dell’anno le seguenti cause: le festività natalizie sono appena trascorse e quelle pasquali sono ancora lontane; il clima è generalmente freddo e piovoso, le giornate sono ancora corte, la luce naturale è poca e la stagione invernale durerà ancora molto.

Quando la scienza riduce le emozioni e le sensazioni umane a delle formule, si rivela come pseudoscienza. Il Blue Monday è quindi una semplice convenzione ormai entrata nell’immaginario comune. Ma qualcosa di vero c’è.

L’emotività negativa provata in relazione a particolari periodi dell’anno non è cosa rara. In effetti, l’andamento stagionale dei disturbi dell’umore è precisamente indicato nei manuali diagnostici: nel DSM-5 si ritrova come specificatore applicabile al pattern di episodi depressivi maggiori nel disturbo bipolare I (144), nel disturbo bipolare II (154) e nel disturbo depressivo maggiore, ricorrente (296.30); nell’ICD-10 come specificatore applicato al Disturbo depressivo ricorrente non specificato (F33.9).

Si tratta di un tipo di disturbo la cui prevalenza può variare specialmente in base alla latitudine, all’età e al genere. La prevalenza aumenta a latitudini maggiori e nei soggetti più giovani.

Questo tipo di disturbo, indicato in modo informale come Disturbo affettivo stagionale (in inglese SAD, Seasonal Affective Disorder) riconosce un pattern tipico di esordio e remissione dei sintomi affettivi in periodi dell’anno caratteristici: nella maggior parte dei casi, i sintomi compaiono in autunno o inverno e vanno in remissione in primavera o estate. Questa ciclicità dei sintomi a carattere stagionale deve essersi verificata per almeno due anni consecutivi e senza il verificarsi di episodi non stagionali.

Gli episodi depressivi che rientrano in questo specificatore sono spesso caratterizzati da perdita di interesse, energia preminente, minore autostima, ipersonnia, eccesso di cibo, aumento di peso e forte desiderio di carboidrati.

A cosa si deve la ricorrenza stagionale di questi episodi depressivi? Non esiste un’unica causa: le variabili da imputare sarebbero di origine sia neurobiologica (neurotrasmettitori, cicli circadiani) che psicologica (emotività negativa, stress) e in interazione costante tra loro. L’eziologia così variegata del disturbo non può che risultare in trattamenti altrettanto diversificati che prendono in considerazione sia la neurobiologia che la psicologia. Questi trattamenti possono essere riassunti all’interno delle seguenti categorie: terapia della luce, esercizio aerobico, psicoterapia (terapia cognitivo-comportamentale), somministrazione di antidepressivi e somministrazione di vitamina D.

Abbiamo quindi visto che la depressione ad andamento stagionale esiste, è riconosciuta e può essere trattata ricorrendo a soluzioni diverse, mediche, psicoterapeutiche e non. Il consiglio è quindi di rivolgersi al proprio medico qualora la sintomatologia del disturbo risultasse invalidante e impattasse significativamente sulla propria vita quotidiana nei mesi autunnali e invernali. È fondamentale prestare attenzione al proprio vissuto e alle proprie sensazioni, dando importanza ad ognuna di esse anche quando mostrano fluttuazioni temporali e non sono necessariamente costanti.

Bibliografia e sitografia

https://it.yougov.com/news/2019/12/20/meteoropatia-come-cambia-il-percepito-della-propri/ visitato in data 09/01/2023

“Jan. 24 called worst day of the year”. NBC News. 24 January 2005, visitato in data 09/01/2023

Roecklein KA, Rohan KJ. Seasonal affective disorder: an overview and update. Psychiatry (Edgmont). 2005 Jan;2(1):20-6. PMID: 21179639; PMCID: PMC3004726.

https://www.nimh.nih.gov/health/publications/seasonal-affective-disordervisitato in data 11/01/2023

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Magnusson, A. (2000). An overview of epidemiological studies on seasonal affective disorder. Acta Psychiatrica Scandinavica, 101(3), 176-184.

Westrin, Å., & Lam, R. W. (2007). Seasonal affective disorder: a clinical update. Annals of Clinical Psychiatry, 19(4), 239-246.

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