A cura di Livia Martina de Felice

Da 11 anni il 15 Marzo è stata istituita la Giornata Nazionale contro i Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA) in memoria di Giulia Tavilla, deceduta per complicanze legate a un disturbo del comportamento alimentare. Questa giornata ha come obiettivo quello di sensibilizzare la popolazione sull’esistenza dei DCA e attraverso la divulgazione scientifica, sportelli d’ascolto, manifestazioni, post sulla rete per cercare di prevenire e creare una rete di supporto per famiglie e pazienti affetti da un DCA.

Cosa sono i Disturbi del Comportamento Alimentare?

Quando si parla di Disturbi del Comportamento Alimentare la letteratura fa riferimento a un’ampia categoria di disturbi, raggruppati per fattori comuni (Hooley et al., trad. it., 2017).

In questo cluster rientrano tutti quei disturbi riguardanti l’alimentazione e in senso più ampio il rapporto non adeguato che un individuo ha nei confronti del cibo. I DCA possono essere definiti come disturbi persistenti  del comportamento alimentare o di comportamenti finalizzati al controllo del peso, che danneggiano la salute fisica o il funzionamento psicologico e che non sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta” (Martinotti, Di Giannantonio, Janiri, 2019, pag. 234).

I Disturbi del Comportamento Alimentare classificati nel DSM-5 (APA, 2013) sono: I. Anoressia Nervosa (anorexia nervosa), II. Bulimia Nervosa (bulimia nervosa), III. Disturbo da Alimentazione Incontrollata (binge eating disorder), IV. Disturbo Evitante / Restrittivo dell’assunzione del cibo (avoidant/restrective food in take disorder), V. Pica (pica) e VI. Disturbo della Ruminazione (rumination disorder). Altre sindromi parziali o sottosoglia e tutte le altre forme di rapporto problematico con il cibo rientrano in quelle che, nel DSM-5 (APA, 2013), chiama categorie “residue”. Più nello specifico, esse sono:  I. Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione con altra specificazione e II. Disturbo della Nutrizione e dell’Alimentazione senza specificazione.

Sono state svolte numerose ricerche per individuare i fattori coinvolti nell’insorgenza di un DCA e quelli maggiormente rilevanti sono: una percezione errata della propria immagine corporea, la costante preoccupazione per il peso, il mettere a tacere la fragilità attaccando il corpo, le “imperfezioni” e i “difetti” ritenuti la causa dei propri fallimenti e la fame di oggetti (la fame emotiva non si trova nello stomaco; non si avvertono fitte allo stomaco o i tipici borbottii, ma un desiderio che parte direttamente dalla testa).

Non bisogna aspettare lo slatentizzarsi di una condizione patologica in disturbo per intervenire. Possiamo immaginare due estremità, da un lato troviamo un modo naturale di alimentarsi insieme a una immagine del proprio corpo adeguata, mentre al polo opposto i DCA insieme a una immagine corporea distorta. Tra i due poli possono esserci diverse modalità, anche apparentemente adattive, di alimentarsi e rapportarsi con il cibo.  Pensiamo a una rigidità eccessiva nell’alimentarsi, che comporta il controllo delle calorie assunte, il rifiuto di alcuni alimenti come per esempio le verdure o la frutta.

Esiste un collegamento tra l’insorgenza di un DCA o di una difficoltà alimentare e l’educazione all’alimentazione (esplicita e implicita) sin da quando si è neonati.  E’ pertanto importante conoscere quelli che sono i comportamenti più opportuni da mettere in atto a partire dalla nascita fino all’infanzia e che riguardano la relazione alimentare con il proprio bambino.

L’alimentazione ha un valore simbolico. Il latte, e il cibo in generale, hanno un significato emotivo e affettivo rilevante a partire da quando il bambino è neonato.

<<Lo sguardo che la madre rivolge al bambino attaccato al proprio seno, il suo modo di tenerlo tra le braccia, il ritmo e l’intensità della poppata, lo sguardo del bambino sulla madre, non sono esenti da connotati affettivi la cui presenza rende l’attaccamento al seno un autentico rito, personale e gelosamente custodito dalla diade, in cui il nutrimento non ha soltanto valenza fisiologica, ma si rivolge alla totalità della dimensione esistenziale del bambino >> (Farsi, 2020).

 E’ importante che la mamma o il caregiver colga i segnali di sazietà; questo non solo durante l’allattamento ma anche quando avviene lo svezzamento con l’introduzione e poi di cibi solidi. E’ fondamentale non insistere se il bambino non vuole altro cibo.

Nutrirsi non deve essere percepito come una costrizione.

Inoltre, il momento della “pappa” deve essere un momento piacevole per il bambino; è opportuno distrarlo mostrandogli per esempio le immagini di un libricino.  La capacità di coinvolgerlo in una relazione piacevole attraverso anche il gioco è fondamentale per far si che il bambino associ il momento dell’alimentazione ad una situazione piacevole e rilassata.

Quando il bambino sta mangiando,i cellulari e gli Ipad devono essere banditimentre deve essere favorita la relazione tra il bambino e l’adulto che lo staassistendo e gli altri eventuali commensali.   Quando si è tavola con un bambino, indipendentemente dalla sua età non si può pensare di neutralizzarlo mettendolo davanti a uno schermo. Questa strategia è dannosa sia per la vostra relazione con lui sia per il rapporto che instaurerà con il cibo. Il bambino a tavola indubbiamente tenderà ad accentrare l’attenzione, per cui dimenticatevi di potere dialogare tranquillamente tra voi adulti  come quando facevate quando non era ancora nato. Dovete interessarvi a lui, coinvolgerlo nella conversazione in base all’età che ha. 

E’ importante che il bambino sin da piccolo sia abituato ad avere un’alimentazione varia e completa, l’alimentazione  monotematica, come ad esempio solo riso, solo pasta in bianco, solo pane o solo cotoletta è da evitare

Mamma e papà devono stare molto attenti ai segnali che trasmettono rispetto al cibo, se loro stessi  non assumono determinati alimenti (spesso le verdure o la frutta) è molto probabile che anche il bambino si rifiuterà di mangiarli. Se l’adulto si dimostra resistente a provare cibi nuovi lo stesso farà il bambino. Tenete presente che essere disposti ad assaggiare cibi nuovi esprime  curiosità verso il mondo e verso le nuove esperienze.  Esiste infatti un legame tra le difficoltà alimentari, non necessariamente patologiche, e un assetto di chiusura difensiva verso il mondo e le esperienze (Montecchi,2009 ).

BIBLIOGRAFIA :

American Psychiatric Association (2013), DSM-5.Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder. Washington: American Psychological Association

Hooley J. M., Butcher J. N., Nock M. K., Mineka S. (2017), Psicopatologia e psicologia clinica. Trad. it. Milano-Torino: Pearson

Martinotti G., Di Giannantonio M., Janiri L. (2019), Compendio di psicopatologia.  Roma:Fila 37

Montecchi   (2009), Il cibo – mondo, persecutore minaccioso. I disturbi del comportamento alimentare dell’infanzia e dell’adolescenza. Per comprendere, valutare, curare. Franco Angeli.

SITOGRAFIA:

https://www.istitutopsicoterapie.com/15-marzo-giornata-nazionale-del-fiocchetto-lilla/#:~:text=Da%20dieci%20anni%20il%2015,ad%20un%20passo%20dal%20ricovero.

ia Martina de Felice

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